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CRITICHE

Antonella Avataneo, oltre l'osservazione. A cura di Ivo Vigna.

Analizzare l'operato ed il percorso di Antonella Avataneo, ci riporta alla memoria  esperienze estetiche che hanno contribuito a strutturare la storia dell'arte recente. Per esempio quelle avanguardie d'istintività attraverso le quali ci si è liberati da tradizioni e concetti storici. Questo perchè l'artista, dopo un lungo sperimentare: sui materiali, sui soggetti, sugli aspetti compositivi, ha dato una svolta al suo passato, ha guardato oltre ed è approdata ad una risultanza quasi Aristoteliana che nasce dalla “meraviglia” suscitata di fronte alla realtà, e dal desiderio di capire le cause di quello che universalmente stupisce. Ecco quindi che opera l'annullamento della forma riconoscibile, mantenendo solo un' aspetto compositivo essenziale, questo  la rende individuabile in tutte le sue creazioni. La caparbietà ed un attento lavoro intrinseco al suo carattere di analista minuziosa, libera e curiosa, hanno fatto il resto; hanno rafforzato l'indiscussa valenza creativa personale, nella coscienza, nello studio e nell'azione.

“Non è vero che gli artisti devono esprimere il contenuto di un’epoca, essi devono dare ad un’epoca un contenuto” diceva Konrad Fiedler. Sarà così?

In ogni caso, soprattutto la riflessione, ha guidato Antonella Avataneo nell'affrontare il concetto interpretativo dell' infinitamente piccolo, come nella serie  dal titolo “Millimetroquadrato”. Qui la  complicanza tecnica dell'apparato compositivo, accoglie e trasforma immagini tratte dalla microscopia botanica, animale e biologica in generale. Per meglio spiegare il suo operato occorre partire dalla ricerca dei soggetti, quali fotografie realizzate al microscopio, reinterpretate e riproposte in  pitture di grandi formati. Ed ecco che sulla tela ad acrilico o ad olio, ci appaiono in tutto il loro splendore: organismi procarioti unicellulari, organuli e molecole che galleggiano nel “non spazio” dove il fermento della vita è pulsante; dove  il “paesaggiare” di Careniana memoria ritorna inconsapevolmente “Avataneizzato” ma anche libero da quelle catene accademiche, che rivendicano la logica e la ragione. 

“Millimetroquadrato” è l'amplificazione tematica e cromatica di uno o più processi cellulari fondamentali, è la ricerca dell'Universo.. del Dio interiore.

In fondo  l'artista crea astrazioni da visioni reali. La fotografia è tecnicamente la più fedele delle riproduzioni, la pittura da una foto è già un' interpretazione. Se poi, una fotografia rappresenta un'ambiente complesso come quello cellulare, ecco che il gioco delle parti si inverte, la raffigurazione del reale alla quale siamo abituati, diventa inusuale e contenuto di natural astrazione ludicamnete antitesiniana. Tutto ciò premesso, i risultati finali del modus operandi, sono dei quadri che non pongono in secondo piano la valenza estetica: le architetture sono equilibrate, i soggetti presentati anche in dittici o trittici, esplodono in tutta la loro monumentalità policroma con forme “fluide” e sinuose, che ci costringono piacevolmente ad andare oltre l'osservazione.

“Millimetroquadrato” è il giusto omaggio a ciò che è nascosto e prezioso, al trionfo del grande mistero dell'esistenza e della poesia della vita.

GIOCHI DI EQUILIBRIO - GIANFRANCO SCHIALVINO

L’opera pittorica di Antonella Avataneo, ad una lettura che supera l’immediata sensazione di uno sguardo iniziale limitato alla superficie della tela, per appagare oltre l’occhio anche lo spirito, tende a rendersi, a qualche anno ormai dagli esordi all’insegna della figurazione, compatta testimonianza di una motivazione interiore dettata sempre più dalla ragione - che interviene sul flusso della pennellata che si confessa da sola disacconcia a sostenere l’intensità del gesto: di qui l’uso sempre più frequente della spatola -, esprimendosi con le modulazioni dei toni che rivelano, nell’accentuazione del timbro, un’imprevedibile energia che via via si accresce di intrepidezza.

Antonella veleggia con impeto verso una personalizzazione dello stile, in una dimensione artistica che la conduce, lentamente ma implacabilmente, all’acquisizione di una piena padronanza dei linguaggi e dei mezzi espressivi a ciascuno consoni. Talvolta diversi, ancora; ma, ed è ciò che in effetti alla fin fine solo conta, paralleli negli esiti.

Il paesaggio, già leggero ed aeriforme - individuato con una inquieta vitalità spirituale e fissato con rapidità di impulso, delineato sempre al di là dell’apparenza, quando lascia prevalere la fantasia sull’immagine, partecipando con la soavità dell’animo allo sviluppo figurato della dimensione poetica - si scarnifica ancora di più.

Provo a ricostruire, nell’analisi (è indagine e riflessione) delle sue ultime opere, questo passaggio, coinvolgendo in una proposta d’interpretazione sia il materiale significante, cioè il quadro dipinto, sia ogni possibile riferimento alla complessità delle problematiche che sono via via scaturite durante la sua elaborazione: innanzitutto la scelta della forma per esternare il significato, successivamente i riferimenti al mondo reale e, contemporaneamente, a quello culturale.

Antonella propone panorami ampi, dove una pittura tradizionalmente votata alla descrizione acquista dimensioni che gradualmente escludono la facilità della gradevolezza dell’aneddoto e dell’annotazione. Nei suoi quadri quello che conta non è mai il luogo visto come effigie, col proposito di una duplicazione o di una copia, bensì il ritratto di una situazione che ingloba la vita, che sottende un sentimento, un intreccio, un rito.

È da leggere in questa accezione la ricerca, in corso, di una trama pittorica personale e congeniale per ottenere il massimo profitto dalle luci e dai colori, sperimentando (non è estranea a questa maturazione la frequentazione dello studio di un maestro navigato qual è Antonio Carena, capace di scoprire nell’allievo, e soprattutto trarne fuori, quelle forze che ha dentro nascoste ma non sa esporre) densità e materie, strumenti e fluidità d’amalgama, attrezzi e supporti; contribuendo ad un coinvolgimento che tende a fissare insieme ai luoghi la memoria ed il sogno. Dove è l’impasto pittorico ad esaltare la forza del segno che, diventando plastico, cristallizza la foga istintuale, evitando le prolissità descrittive di una fastidiosa prosa diaristica che opprimerebbe la naturale sincerità delle pulsioni.

Antonella Avataneo, in queste ultime prove, sperimenta, amalgamandole, due situazioni: la vicenda coloristica e quella materica. Ardisce nuovi ed inediti accostamenti modali, cercando di appropriarsi dei segreti della luce: la luminosità che si sprigiona dalla pasta pittorica e quella che invece la superficie del quadro riflette. Le consonanze, spesso astutamente attraversate da studiate enarmonie che fanno muovere, tradendone l’apparente monocromo, le larghe stesure dei fondi, si arricchiscono di spessori e sostrati, di impasti gessosi, di plasticità intense che distende dapprima, poi rapida attraversa, scompiglia, accumula, sprofonda, ferisce, colla spatola che taglia, schiaccia, comprime, divide.

La scrittura è diventata limpida e le linee essenzializzate. Quei larghi colpi, che con un sol tratto definiscono nei valori tattili, oltre che cromatici, tutto un insieme, giungono a comporre uno spazio pittorico che fonde l’elemento figurale compendiato ad icona, talvolta costruito a mosaico, talaltra sviluppato ad arabesco, con la profondità prospettica e sognante di una superficie composta di innumerevoli accostamenti e vibratili combinazioni di toni. Per una pittura di chiaro vigore narrativo, di ben determinato codice formale, di personalità sufficientemente spiccata, di ormai adeguata riconoscibilità. Di buona cifra insomma. Nel tentativo di tradurre uno stato d’animo in immagine; di rivalutare il carattere autentico dell’attività dell’artista e del suo processo creativo, di ritrovare e di esprimere una identità estetica.

Non che sia facile.

Anzi!

È un gioco di equilibrio.

Ogni volta diverso e frequentemente rischioso: le cadute possono essere fatali, ché l’arte viaggia parallela alla vita. Ma chi cerca di conquistare la trasparenza della luce per fissare nella figurazione la limpidezza dell’anima non le dovrà temere.

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